Un articolo pubblicato sul Giornale di Sicilia il 20 dicembre del 2004
Zuppa e brodo di pesce, piatti antichi
della tradizione popolare che uniscono la convenienza alla
versatilità. La regola numero uno, infatti, è quella di metterci
dentro...quello che si trova. La seconda, un tempo molto più
praticata, è di non sprecare nulla. Nella zuppa si “assuppava”
il pane, meglio se quello raffermo rimasto in dispensa (altro che
consommé coi crostini!) e col brodo si condiva la pasta. Il
consumismo ha spazzato questi piatti dal menù palermitano. Colpa
anche dell’abbondanza di specie più pregiate (o presunte tali!)
che affollano i banchi delle pescherie. A parte lo scorfano, molto
apprezzato e quindi dalle quotazioni medio-alte, tutte le altre
specie sono quasi disprezzate. Il che si traduce in un affare per
i veri intenditori che si possono divertire con gustosi piatti di
pesce fresco a prezzi da saldi di fine stagione. Volete mettere un
brodetto di lusso con soli 3-4 euro (tanto costa mezzo chilo di
“misto”)?
La categoria dei pesci cosiddetti “da
brodo” è vastissima. Non così le ricette. La più raffinata è la
zuppa di pesce, che si prepara utilizzando come base alcuni pesci di
taglia più “robusta” da cucinare a tranci. Parliamo del grongo o
della murena, pesci serpentiforni che non fanno una bella impressione
ai neofiti ma che hanno un gusto sopraffino. Ma anche dello scorfano
e della rana pescatrice. Indispensabile, per una buona riuscita, un
calamaro o un totano, un paio di piccoli polpi moscardini (quelli con
una fila di ventose sui tentacoli, per intenderci), qualche cozza, se
volete esagerare, anche qualche gambero. Per una zuppa ideale bisogna
fare soffriggere qualche spicchio di aglio in abbondante olio d’oliva
e aggiungere il pesce a tocchi. Se piccolo mettetelo intero,
eliminando solo testa, branchie e interiora ma avendo cura di
raschiare le squame con un coltello. Unite pomodoro fresco spellato,
poca acqua, abbondante prezzemolo fresco tritato, poco sale, pepe
nero a piacere. Fate cuocere a fuoco lento per almeno quindici minuti
e servite caldo, magari accompagnato da fette di pane raffermo
leggermente gratinato. In alternativa potete utilizzare la stessa
zuppa per condire il cous-cous!
Tornando al brodo, il procedimento non
è diverso da quello per la zuppa. Semplicemente si preferisce la
cipolla all’aglio per il soffritto (ma non è un obbligo) e l’acqua
deve coprire abbondantemente il pesce che va cotto molto più a lungo
facendo “stringere” il brodo. Quanto alla scelta dei pesci,
questa è praticamente illimitata: approfittate delle cassette di
pesce misto che si trova spesso seminascosto nelle pescherie e, se
siete più esperti, non rinunciate a far finire nel sacchetto della
spesa uno scorfano, un “occhibello” (o scorfano di fondale) una
“serrania” (o sciarrano), una perchia, una lappana, un tordo, una
tracina e l’immancabile “fagiana” (o pesce capone) e la sua
cugina più povera, la “gallinella”. Cito, per dovere di cronaca,
il rombo, la picara (buona anche fritta!) e il “pesce san Pietro”
per brodo e zuppa. Nel Trapanese aggiungono una stecca di cannella:
da provare! Alla fine scolate il tutto, volendo passate anche il
pesce al setaccio e fate stringere ancora un poco a fuoco lento.
Una ricetta alternativa “in giallo”
per grongo e murena? Soffriggete aglio, cipolla e un paio di filetti
di acciuga, sfumate con il vino bianco, aggiungete il pesce tagliato
a tocchi lasciando la pelle, rosolate, regolate di sale e pepe nero,
coprite con acqua nella quale scioglierete due bustine di zafferano,
lasciate cuocere per circa quindici minuti. Variante anche con le
patate. Se la murena è molto grossa potete farla tagliare a fettine
e cucinare così: passate dalla farina, soffriggete e posate le fette
su un piatto da portata. Nello stesso olio soffriggete abbondante
cipolla bianca, sfumate con aceto bianco e zucchero sciolti
precedentemente, versate tutto sul pesce e lasciate insaporire per un
paio d’ore.
Pasta col brodo o brodo con la pasta:
un dilemma che ognuno risolve fidandosi del suo gusto. Il pesce ben
cotto va scolato ed eventualmente passato al setaccio (qualche
temerario utilizza il passaverdure con i buchi larghi).
Poi si aprono due strade: allungare con
acqua quanto basta, portare di nuovo a ebollizione, aggiustare di
sale e buttarci la pasta oppure fare stringere a fuoco lento, cuocere
la pasta a parte, scolarla e spadellare con questa “crema”. In
questo ultimo caso io aggiungo al brodetto un pizzico di pepe e un
cucchiaio di miele che lo rende più “vellutato”. Uno sfizio!
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