venerdì 11 novembre 2016

Baccalà con le passole



Un articolo pubblicato sul Giornale di Sicilia il il 29 novembre 2004 

Con l'arrivo della stagione fredda e, soprattutto, con le feste di fine anno all'orizzonte, sui banchi delle pescherie e dei mercati torna, abbondante e "profumato", il baccalà. Un prodotto dell'estremo nord che si è integrato perfettamente nella cucina tradizionale siciliana. Il merluzzo atlantico pulito, sfilettato e conservato sotto sale direttamente a bordo dei grandi pescherecci oceanici, è entrato a pieno titolo nei menù di alcune feste. Come la vigilia della Madonna, prima tappa del tour de force mangereccio che si concluderà l'1 gennaio (con le tappe intermedie di Santa Lucia, vigilia di Natale, pranzo del 25 e Cenone, senza contare gli irrinunciabili "due fili di spaghetti" durante le giocate natalizie) mettendo alla prova gli stomaci panormiti più allenati. La sera del 7 dicembre, infatti, su ogni tavola che si rispetti non possono mancare il baccalà fritto e, soprattutto, il più ricco e gustoso "baccalà con le passole". Bisogna intanto fare un paio di distinzioni. La prima è tra il pesce salato "normale" ed il filetto, ossia i pezzi più pregiati che vengono "rifilati" eliminando le parti superflue e lasciando solo la polpa con pochissima pelle. La seconda è tra il pesce ancora sotto sale e quello ammollato, pronto per la cottura. Le quotazioni, ovviamente, variano. Passando alle ricette, la prima e più semplice consiste nella bollitura del pesce ammollato. Scolatelo, eliminate pelle ed eventuali lische, spezzettatelo e conditelo con olio d'oliva, limone, prezzemolo tritato, pepe nero. C'è poi l'immancabile frittura: tagliate a tocchetti, passate nella farina e friggete in olio abbondante. Variante in agroldolce: dopo la frittura, disponete su un piatto da portata, preparate la salsa agrodolce sciogliendo a fiamma bassa tre cucchiai di zucchero in mezzo bicchiere di aceto, versatela sopra e lasciate raffreddare. Sconsigliata la "cipollata", visto che il baccalà è già pesantuccio! 
Ma le due ricette più palermitane sono "a sfincione" e "chi passuli" (uva passa del tipo zibibbo, bionda e più grossa della solita uvetta). La prima: puliteil baccalà, spezzettatelo, disponetelo in una teglia alternandolo con strati di patate a tocchetti e "consa" dello sfincione (abbondante cipolla soffritta lentamente, acciuga sciolta, estratto di pomodoro allungato con pochissima acqua, pepe nero), spolverate con abbondante origano e (a scelta) pangrattato, infornate e...buon appetito. La seconda, un "cult" della cucina panormita: soffriggete l'immancabile cipolla, aggiungete poco pomodoro pelato o polpa già pronta (variante con una noce di estratto di pomidoro), il baccalà a pezzi, l'uva passa, poco sale, un generoso pizzico di pepe nero, fate cuocere per circa quindici minuti. C'è poi la "ghiotta", con cipolla, pomodoro e olive nere e, infine una ricetta più "raffinata". Soffriggete la cipolla affettata finemente, abbondante prezzemolo e sedano tritati, i pezzi di baccalà infarinati, sfumate con poco vino bianco, aggiungete patate a tocchetti, capperi ben lavati, olive verdi snocciolate, sale, pepe nero, acqua fino a coprire tutto (variante con un paio di pomodori spellati e spezzettati) e fate cuocere per 15-20 minuti a fuoco basso. Un "cugino" del baccalà, pressoché introvabile dalle nostre parti ma molto comune nelle vicine cucine messinesi e calabresi, è lo stoccafisso o stocco o pesce stocco. Uguale la materia prima, ossia il merluzzo atlantico, che però viene essiccato intero all'aria, privato solo di testa e viscere. Uguale il procedimento di "ammollo" nell'acqua, salvo per il trattamento preventivo: lo stocco, duro come un pezzo di legno, prima di essere immerso nell'acqua va battuto. Famoso lo stoccafisso alla vicentina, tagliato a pezzi, infarinato, fritto con cipolla, sale, pepe, acciughe, prezzemolo, aglio e cotto lentamente nel latte per circa tre ore. Uno sperduto paesino della provincia di Reggio Calabria, Mammola, vanta il primato del pesce stocco più buono d'Italia, nonostante sia arroccato tra le montagne. Motivo? L'acqua che usano per ammollare il pesce. E' questa, infatti, un'operazione apparentemente banale ma che può valorizzare o rendere immangiabile sia lo stocco che il baccalà. Entrambi vanno tenuti a bagno per due-tre giorni. L'acqua va cambiata almeno due-tre volte al giorno. Ma se dal vostro rubinetto esce liquido al cloro, con una eccessiva presenza di calcare o altre sostanze "nocive", avete due possibilità: compratelo già ammollato o, se siete perfezionisti, usate l'acqua minerale.



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